Alla COP 29 in corso a Baku, Azerbaijan, il tema caldo è il New Collective Quantified Goal (NCQG), un obiettivo ambizioso di finanza climatica per sostenere i Paesi in via di sviluppo a partire dal 2025. Questo nuovo target punta a mobilitare trilioni di dollari per finanziare progetti di adattamento e resilienza climatica.

Un recente rapporto, stilato da un team di esperti guidati da economisti di fama come Nicholas Stern, sottolinea che saranno necessari oltre 1.000 miliardi di dollari l’anno entro il 2030 per raggiungere questi obiettivi.

Si tratta di cifre astronomiche che superano di gran lunga i 100 miliardi di dollari annuali promessi alla COP 15 di Copenaghen nel 2009, ma raggiunti solo nel 2022.

 

COP 29: sfide e contraddizioni

Nonostante la crescente urgenza, la COP 29 è segnata da posizioni divergenti. Paesi come gli Stati Uniti e l’Argentina stanno minacciando di abbandonare gli Accordi di Parigi, mentre altre economie avanzate faticano a mantenere le promesse finanziarie.

L’Italia, ad esempio, continua a promuovere investimenti in combustibili fossili sotto la bandiera della “neutralità tecnologica”. Tuttavia, c’è qualche segnale positivo: un recente accordo tra Italia e Kenya prevede 150 milioni di euro per progetti climatici, tra cui la riforestazione e il miglioramento dei trasporti urbani.

L’Unione Europea, intanto, ha votato per un nuovo approccio alla finanza climatica che sia equo e basato sul principio del “chi inquina paga”.

La richiesta è chiara: abbandonare progressivamente tutte le sovvenzioni ai combustibili fossili e spostare i fondi verso azioni pro-clima, come energie rinnovabili e transizione energetica.

 

Il futuro: un’occasione da non perdere

L’azione climatica richiede uno sforzo collettivo senza precedenti, con una spesa globale stimata in oltre 2.400 miliardi di dollari l’anno tra fondi interni ed esterni. Questi finanziamenti saranno cruciali per settori come le energie rinnovabili, la resilienza ai cambiamenti climatici e la gestione di perdite e danni causati da eventi estremi.

La sfida è chiara: trovare un equilibrio tra urgenza, equità e responsabilità condivisa. Solo con impegni concreti e una visione comune sarà possibile evitare conseguenze catastrofiche per il pianeta.

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